IL PAESE
Lo rivedo ancora, appollaiato tra due pendici di monti, come un bambino in grembo a sua madre. Cosi' mi appariva cinquantanni fa, quando, ancora fanciullo, tornavo la sera dai pascoli della valle e mi soffermavo alla chiesetta della Madonna di Loreto per contemplarne la bellezza dal basso, mentre lasciavo che buoi e vacche mi distanziassero, seguendo il loro lento cammino di rientro alle stalle. Uno sfrenato galoppo tra i sassi ed i rovi dellimpervio sentiero mi permetteva di raggiungere la mandria alla Fonte Mammuocc, a poco più di duecento metri sotto il Paese. Proprio da lì , a fianco al viottolo, ha inizio la roccia a picco che si inerpica per circa 150 metri e alle cui pendici sorgevano, come corpo unico della stessa, le case della Pulciara: pareti anchesse a picco, con finestre e balconi sul dirupo, ma affacciate al panorama totale della Valle del Giovenco. Case diroccate dal terremoto della Marsica (13 gennaio 1915) e dalle cui macerie, in quel tragico evento, sono stati estratti i corpi di decine di persone. Era la roccaforte a forma di cono dove si attrinceravano, ancora nei primi anni del novecento, tutti i suoi abitanti (seicento/settecento) per difendersi dagli assalti dei briganti e dei brrbune (Borboni, poi diventati birboni). Di notte venivano chiuse le porte dei tre o quattro archi a galleria di accesso, conosciuti col nome di spuorte di Francesco Facciulisce (Faccia liscia), il più in basso, sulla strada della fonte, da quello di Bertone (il più complesso, a forma di Y), da quello di "Chechermuzze" (nota: la e del nostro dialetto À muta come la francese) e da quello dei Buccini.. Il Paese era tutto lì , fino al terremoto, mentre le stalle, paradossalmente, erano nella zona più accessibile, fuori della fortificazione.
Mio padre mi aspettava davanti alle stalle, in compagnia del compare Pietro che succhiava la sua pipa di sambuco: questultimo aspettava il rientro degli animali prima di andare a letto, alle sei, come le galline, giacche il "compà" Pietro, come le galline, alle quattro del mattino era già alla stalla per stramare gli animali. Mio padre, invece, mi aspettava, già pronto il rimprovero:
"Sei tornato troppo presto e di nuovo hai fatto sudare il cavallo!". Ben conscio di cià che sarebbe seguito, mi mantenevo a debita distanza, pronto a scivolar via per evitare lo scappellotto.
Prima ancora di tornare a casa per terminare i compiti della scuola e per sbocconcellare un pezzo di pane e formaggio, mi soffermavo ad ascoltare conversazioni e racconti dei vecchi del paese, riuniti vicino le porte delle stalle. Sceglievano tale luogo per due ragioni: la prima perche' era il posto più assolato del paesino, lungo la strada, allora comunale, pianeggiante in quel tratto, permettendo delle passeggiate non impegnative; la seconda perche' disponevano delle stalle per le loro necessita' fisiche . Ovviamente, non esisteva la televisione, mentre i due o tre apparecchi radio, grandi come TV da 29 pollici, venivano accesi, tra gracchii indicibili, solo di sera, quando Don Tito Berardini, tra bestiemme e minacce, riusciva ad avvisare, avvalendosi di un sistema rudimentale di comunicazione segnaletica, Ferdinando Mercuri, lincaricato alle Ferriere o allOfficina, di azionare la turbina idroelettrica di tipo casareccio che forniva energia elettrica a San Sebastiano e Bisegna, appena sufficiente per accendere "lluce cappell", cioe' una o due lampadine da 15 watt per famiglia (a volte spegnendo quella innecessaria prima di accenderne unaltra), che, a distanza di qualche centinaio di metri, sembravano delle lucciole (lluce cappell, in dialetto) per il loro tremolio e la intermittenza del loro funzionamento . Come dicevo, mi fermavo ad ascoltare i racconti dei nostri vecchi, le vicende dei periodi delle loro vite in America, a Foggia, ai Castelli romani o sul fronte di battaglia, durante la Prima o Seconda Guerra Mondiale.
Erano in molti, cappelli in testa, avvolti nei lunghi mantelli a ruota -neri o marroni; di vigogna o di panno; nuovi o rattoppati; con o senza fermaglio e collo di pelliccia- raggruppati quasi a voler mantenere, come nel film "Miracolo a Milano", il calore del pallido sole autunnale o invernale concentrato nel loro circolo. Prendevano la parola a turno. Dalle loro labbra pendevano tutti gli altri, mentre masticavano la punta del Toscano o stringevano la pipa tra i denti. Ascoltavano in silenzio storie molto spesso gia' note e richieste dalluditorio che sperava di captare qualcosa di diverso dalla prima versione o di avere lopportunit´ di correggere il relatore su qualche punto o data di fondamentale importanza. Se il racconto fosse piacevole o meno non aveva importanza: tanto non cera di meglio da fare.
A me piaceva ascoltare tutti, soprattutto quelli che erano tornati dallAmerica, un mondo impensabile, una fantasia! Dicevano che cerano degli edifici altissimi: 30, 50, 70 metri! Per arrivare ai piani superiori si schiacciava un bottone, scendeva una gabbia di ferro, si entrava, si schiacciava un altro bottone e su, su (a questo punto veniva il rumore dellascensore: ..zu..zu..zu..zuzuzu.., ripetuto quasi per la durata del tragitto fino allultimo piano ): nessuno, in quel Paese, sembrava conoscesse le scale! Che meraviglia! Oppure: "AllAmereca nun ce va nesciune a llava' alla fonta. C sta' na machena ch ne spertielle de vetre: cepre, mitte lpenne spuorche dentre, ne sapone che sembra zuccare, chiude, vusse ne bttone e la machena comenza: zuzu, zuzu, zuzu! Gira pe nn ora: lava, sciecqua e assuca..!!". I miei occhi diventavano sempre più grandi; dal naso scendeva qualche moccolo dovuto alla sosta al freddo e, cosa strana, non sentivo la necessit´ del tozzo di pane con il formaggio fresco
Ma sar´ vero? Qualcuno un po' di dubbio lo aveva, ma si guardava bene dal manifestarlo sul momento. Solo a sera, rincasando, lo confidava al vicino di casa con il quale percorreva lo stesso cammino: "Mi sembra che Zi Francisco ha ditte ne sacche de cazzate! Ci credi tu alla gabbia che va sotto e sopra? E chi la tira?". Laltro, per non sembrare meno perspicace o anche per non contrariare il vicino, commentava: "Ci vulissene almeno cinquanta uommene pe tira sa soca (Ci vorrebbero almeno cinquanta uomini per tirare quella corda) Buona Notte..". Poi in casa alla famiglia: "Se sapisse che ha raccontate Zi Francisco.." e di nuovo tutta la storia, più adornata e gli elementi ingigantiti: edifici di 150 metri, gabbie per 20 persone, macchine che lavavano da sole e che, addirittura, ti mettevano la camicia addosso. Un commento di mia nonna, che faceva finta di non ascoltare mio nonno, fu: "Si bevute natra vota, massera! (Hai bevuto di nuovo, stasera!)".
(Continua)